Note di Giancarlo Memmo
lunedì 30 aprile 2018
sabato 28 aprile 2018
CONSULTAZIONI E
RIFLESSIONI: LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO
di Giancarlo Memmo
La Scuola continua a guardare
con qualche interesse le consultazioni politiche necessarie alla nascita di un
nuovo governo, possibilmente rispettoso della volontà popolare.
Il voto popolare ha spaccato
in due il Paese: al Nord lungo la linea del flat tax e al Sud sul crinale del “reddito
di cittadinanza”. La competizione elettorale era figlia del meccanismo del “dolore
all’arto fantasma”: si è conteso politicamente il consenso facendo finta di
avere un sistema elettorale maggioritario mentre non c’era più…al suo posto c’era
il “Rosatellum”, un ibrido proporzionale dove il processo di coalizione avviene
anche e soprattutto “dopo” in Parlamento.
Quindi abbiamo la rinascita di
tutte le logiche “proporzionaliste” e dove - particolare sfuggito a Rignano perché
erano impegnati a trovare l’equivalenza elettorale tra il 40% delle europee e
il 40% della sconfitta referendaria - non ci sarebbe spazio per leader “divisivi”
come Renzi.
Nel frattempo alcune cose sono
successe….la Scuola è scomparsa dal cruscotto politico di t-u-t-t-e le
formazioni parlamentari se non in termini di slogan, ormai anche questi
residuali e rarefatti….del resto anche in campagna elettorale non c’erano
grandi tracce sulla Scuola.
Ovviamente queste sono le
premesse, rimane da capire come sarà il comportamento politico dell’eventuale
maggioranza parlamentare rappresentativa del nuovo governo, ammesso e non
concesso che non si ritorni a votare.
Facciamoci qualche domanda e
proviamo a dare qualche risposta.
PERCHE’ LA SCUOLA E’ IMPORTANTE NELLA NOSTRA SOCIETA’?
Per tutte le ragioni che
sappiamo, più una che appare evidente e diamo per scontata: la Scuola è ormai l’ultimo
spazio di “democrazia”.
Ormai quasi solo a Scuola c’è
spazio per il pluralismo di idee, di situazioni
che si riflettono in una “collegialità” intrinseca al sistema e in una
sintesi organizzativa e etica che “tiene dentro tutti” in linea con lo spirito
e l’essenza della nostra Costituzione…..già la nostra importantissima Costituzione,
anche perché è costituzionalizzato “lo stato sociale”: è una costituzione
Keynesiana, illuminata e longeva perché uscita dal conflitto mondiale.
Quindi tutto questo non è
compatibile con le visioni egoistiche dell’ordo-liberismo: la democrazia è
meglio se è “essenziale”, i diritti sono degradati a interessi legittimi o alla
“cosmesi dei diritti”, il totem del mercato (che è figlio dell’efficientismo
competitivo e meritocratico che riconosce solo i “diritti” che ti puoi
economicamente permettere).
Alla luce di questo appare
molto chiaro il progetto dell’ “aziendalizzazione”
della Scuola, non solo in termini organizzativi ma anche “etici”….. tuttavia il
tentativo di mettere il vestito liberista alla Scuola della Costituzione non
sta riuscendo se non in termini di degrado della scuola statale.
Tale deterioramento è tutto
sommato funzionale all’ “opificio Italia” dei bassi salari, dove chi lavora è
povero……già l’alternanza scuola-lavoro che dovrebbe e doveva far “trovare
lavoro”…… magari anche “i posti migliori”, ………peccato che nel frattempo la
distribuzione del reddito nel nostro Paese è sempre più a vantaggio di pochi contro
moltissimi: siamo il Paese europeo che ha il più alto numero di poveri in
termini di valore assoluto.
L‘evoluzione dello studente da
cittadino a lavoratore, da allievo a utente da “customer satifaction”, non riesce
a mantenere le sue mirabolanti promesse.
La Scuola della Costituzione è
Keynesiana!
QUALI SONO I PERICOLI DELLA DEMOCRAZIA E I RIFLESSI SULLA SCUOLA?
La Democrazia non è perfetta,
tuttavia è l’unico sistema politico dove “i voti si contano e non si pesano”,
diciamo, con ironia, che a distorcere la volontà del popolo ci pensano “i
sistemi elettorali” con premi di maggioranza incostituzionali.
Quindi cercare di governare
con il 20% “come fa Macron” potrebbe far scivolare verso “il partito unico”e da
qui ad arrivare alla dittatura non ci vuole molto.
La Storia insegna che ciò che
non si è compreso è destinato a ripetersi: il PD da Veltroni in poi e
soprattutto con Renzi si è spostato al “centro” perché doveva aumentare il
consenso..ed è andata come è andata: ma poiché la lezione non è stata compresa
è destinata ripetersi nell’OPA politica
verso il partito di Berlusconi, cioè la “nuova strategia” del partito unico
della nazione rignanese.
Le visioni politiche simili ai
cartelli di minoranza che governano le pubblic-company, probabilmente sono
destinate ad aumentare: peccato che sono intrinsecamente antidemocratiche!
La Scuola e in generale il
Settore universitario, danno maggiori garanzie di seguire “l’interesse generale”
se sono statali e se sono “collegiali”.
Le ricerche scientifiche “minoritarie”
possono trovare spazio solo in un sistema sociale che preveda la “dignità”
della minoranza e dove non tutto sia monetizzabile…diversamente come diceva il
comico Guzzanti: se non sei stato eletto e se non hai avuto la maggioranza, le
tue idee non possono essere dette..se no fai reato di opinione.
Solo una Scuola democratica
accoglie tutti e prova a valorizzare ogni individualità.
Solo una scuola democratica
rappresenta “l’ologramma della società civile”.
La mancata realizzazione dell’interesse
individuale come miglior regolatore della distribuzione della ricchezza è sotto
gli occhi di tutti, dobbiamo ritornare, per il bene della collettività, alla
visione solidaristica della Costituzione keynesiana che ci hanno lasciato i partigiani
e gli alleati.
La Scuola è un suo lascito: il
più importante perché è l’opificio della democrazia, della produzione e
riproduzione del modello democratico nella società civile. Quindi poiché esiste
una distanza incolmabile tra “interesse generale” e “interesse individuale”,
solo una Scuola laica ( non laicista) e statale copre gli intessi dell’intera società civile.
PERCHE’ INVESTIRE NELLA SCUOLA E PAGARE MEGLIO GLI INSEGNANTI?
Perché l’investimento in
capitale umano è, secondo la Banca d’Italia, l’investimento più remunerativo in
termini economici.
Perché la Scuola crea i
mercati tramite i consumatori: la Scuola del libro Cuore creava la centralità
del mercato rurale, la “Buona Scuola” crea l’azienda competitiva e il lavoro
gratuito nel paradigma “verticistico” che sostituisce “l’inefficiente e lenta”
collegialità. La Costituzione crea la Scuola democratica e resiliente , incardinata nella libertà di insegnamento che
permette “le ricerche minoritarie” offrendo un quadro completo della conoscenza,
una Scuola per tutti e per ciascuno.
Lo status sociale nella
società capitalista è legato allo status economico, le ricerche di sociologia
del lavoro ci restituiscono situazioni dove in primis pagando meglio il personale
ottieni una migliore qualità del lavoro prodotto.
Tali ricerche ci dicono anche
che il totem del “giovanilismo” e giovinezza del lavoratore da preferire all’anzianità,
è un totem che non ha basi scientifiche: non solo col passare degli anni
anagrafici diminuiscono i neuroni, ma aumentano di superficie per più che
compensare la perdita, ma ulteriormente ci dicono che il fattore “esperienza” è
quello vincente in ogni contesto produttivo…almeno a lungo termine.
In realtà dietro queste
opinioni dominanti del “mainstream” si nascondono inconfessabili calcoli
ragionieristici del tipo “per qualche dollaro in più” di risparmio e di
profitto racchiuso nei nuovi contratti di lavoro.
Perché solo una scuola
democratica è coerente con uno sviluppo sostenibile, che mi pare l’unico che ci
possiamo permettere.
Perché dobbiamo riposizionarci
nella divisione del lavoro internazionale sulle “nicchie produttive” e il Know
How e in generale “la Conoscenza”, è
quello che farà sempre di più la differenza.
Ma la differenza senza cultura
è equivalente ad identificare l’essere umano come una cozzaglia di cellule con
un qualche ordine: ci perdiamo praticamente tutto fossilizzandoci sui legami della
Chimica Organica.
E LA BORGHESIA ITALIANA?
Diciamo che vive nel sogno
delle esportazioni: esportiamo e va bene così, pazienza se la domanda interna è
in caduta libera, sono settori “non competivi” e consumatori residuali…
Si vede tutta la debolezza di
questa visione strategica, eppure “First America” dovrebbe spiegare qualcosa di
molto semplice: che cosa succede se le esportazioni crollano e non si possono
compensare con la domanda interna?
Si intuisce perfettamente che è
una posizione di estrema fragilità, in termini finanziari è simile agli “investimenti
baciati” in violazione del principio cardine della diversificazione…con tutte
le conseguenze nel bene e nel male della mancata differenziazione.
Se siamo alla vigilia della
conclusione del ciclo delle esportazioni, ci sarebbe l’interesse stesso di
questa classe sociale a visioni politiche “solidaristiche” e “redistributive”
che solo in un’ottica “sovranista” e “anticiclica” si possono immaginare.
Quindi Trump, o meglio l’establishment
che c’è dietro di lui, non vedrebbe male un governo italiano “euroscettico” che
per esempio ponesse problemi all’avanzo commerciale tedesco.
Insomma il mito che sotto la
Germania “europea”, saremmo stati al riparo dai disastri finanziari ed
economici, dal dumping sociale, dalla concorrenza asiatica…si sta affievolendo.
Presto anche la Germania avrà “i
ritorni” delle sue politiche esportative verso la Cina e l’Asia, politiche che
prevedevano esportazione di fabbriche “chiavi in mano” che magari vendevano i
prodotti prevalentemente ai PIIGS…..insomma la borghesia internazionale è
sempre per la competizione nel mercato del lavoro, un po' meno in quello dei
capitali, soprattutto se “personali”.
Negli States non è che
interessava gran che dei salari di Detroit, tuttavia quando si sono accorti che
“industrie strategiche” rischiavano di passare di mano verso altri stati,
allora sono comparsi “i rischi della globalizzazione”.
C’è anche qui in Italia il
problema della” successione” sia in termini di capacità dei rampolli successori
ma anche in termini di equità in quanto il trend a livello mondiale prevede
quote enormi di ricchezza che “passano di mano”non per “lavoro” ma solo per “eredità”.
Se finisce il sogno delle
esportazioni perenni, allora si rimpiangerà quel 25% di PMI perse nella crisi,
si rimpiangerà amaramente la flessibilità economica che le piccole imprese
hanno sempre offerto agli “shock di mercato”.
QUALE SAREBBE UN PROGRAMMA POLITICO CHE POTREBBE RILANCIARE LA SCUOLA?
Il programma politico o il “contratto
di governo” di alleanza che permette di rilanciare la Scuola passa
inesorabilmente per:
1) Il
forte rilancio della domanda aggregata interna;
2) La
ricostituzione in termini rapidi del 25% del tessuto produttivo perso per la
crisi.
Va da se che ciò si può fare
solo rinegoziando le clausole europee, cioè con qualcuno che lo voglia fare e lo
sappia fare.
Diversamente condanniamo l’opificio
Italia a una posizione marginale nella competizione internazionale, a una
fragilità intrinseca che ci spingerà sempre più a competere verso il basso,
verso la Grecia, dove perderemo sempre e invariabilmente. Insomma una sorta di “mercato
di consumo” con qualche nicchia “privilegiata” ma generalmente di basso profilo,
maturo.
Non è un programma bolscevico,
l’imprenditorialità e la proprietà privata sono salvaguardate, ma è l’unico
programma che permetterebbe di superare la visione “finanziaristica” della
scocietà, visione che si sta incrinando sempre di più anche a livello
internazionale.
In altri termini auspichiamo
la vera rinascita di un interclassismo riformista vesus l’ordoliberismo
autoritario e la Scuola giocherebbe un ruolo strategico per il futuro del
Paese.
Nel frattempo ci tocca
resistere ricordando le parole del 2002 del Procuratore Borelli: “Ai guasti di
un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della
coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo
della questione morale, è dovere della collettività "resistere, resistere,
resistere" come su una irrinunciabile linea del Piave”.
Buona giornata, se potete.
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